Storia di Amalfi

Amalfi nella Storia

 

 

Cenni  storici


Secondo il Chronicon Amalphitanum, il villaggio di Amalfi era stato fondato da un gruppo di Romani che, diretti a Costantinopoli, avevano fatto naufragio sulle coste pugliesi; poi, dopo aver fondato Melphi (oggi Melfi), si erano spinti verso sud per stabilirsi sulla costiera amalfitana. Amalfi era nata, tra i monti Lattari e il Tirreno, come un piccolo villaggio di pescatori.


I Bizantini, per difendersi dall'invasione dei Longobardi di Alboino, trasformarono il villaggio in fortezza (castrum). Gli Amalfitani, a ridosso della montagna che li isolava dagli agglomerati campani del golfo di Salerno, dovettero espandere le loro attività sul mare con il commercio. La posizione strategica in cui sorgeva Amalfi, tra le montagne e il mare, fece acquisire al piccolo agglomerato una notevole importanza durante la lotta tra Bizantini e Longobardi.


L'influenza napoletana-bizantina non impedì agli abitanti di Amalfi di godere di una sostanziale "autonomia periferica" che andò sempre più rafforzandosi. Ciò permise un notevole sviluppo dei traffici della gente della costiera amalfitana. Essi erano, inoltre, agevolati anche dalle buone relazioni con Napoli e Bisanzio. Intorno all'836 i commerci condotti da Amalfi erano in piena espansione e raggiungevano i territori dell'Italia meridionale fino alla Sicilia e quelli dell'Africa mediterranea, ormai da molto tempo sotto il dominio degli arabi.


Nell'839, sempre nel contesto della lotta fra Longobardi e Greco-Bizantini, la filobizantina Amalfi viene assalita ed espugnata dal longobardo, principe di Benevento, Sicardo, poi assassinato in una congiura di palazzo.

In seguito alla tragica morte di Sicardo e la lotta per la successione al Principato di Benevento, gli amalfitani si ribellarono riuscendo a cacciare il presidio longobardo. Il primo settembre dell'839, fu acquistata l'autonomia amministrativa (anche se sussisteva una formale tutela di Bisanzio tramite il Ducato di Napoli); ma era un principio di libertà.

Con la ripresa della politica espansionistica degli Arabi del Magreb, il duca di Napoli Sergio fu costretto a costituire una Lega Campana a cui aderirono Gaeta, Sorrento e Amalfi.

Allorché i Musulmani tentarono di penetrare in Roma, attraverso il Tevere, la Lega Campana, spronata dal pontefice Leone II, mobilitò la sua flotta e sconfisse gli invasori alla foce del fiume romano (849).

Amalfi, nonostante fosse impegnata in un conflitto armato contro i musulmani, continuò comunque ad avere rapporti commerciali, sia pure in misura ridotta, con i mercanti arabi della Sicilia, della Spagna e dell'Africa.

La vita degli abitanti di Amalfi si svolgeva essenzialmente sul mare, data la sua particolare posizione geografica, tra la costa e i monti. Alle attività legate al commercio si interessavano tutti gli abitanti, non esclusa la nobiltà che era tradizionalmente più legata alla proprietà fondiaria.

La prassi commerciale era regolata secondo le norme contenute nelle Tavole amalfitane, una delle basi del diritto societario moderno. Lo sviluppo dei commerci favorì l'espansione degli Amalfitani verso i territori del Mediterraneo centrale e orientale dove sorsero i primi stanziamenti di mercanti che si stabilirono in colonie. È del 996 la sicura conoscenza di una numerosa e forte colonia al Cairo.

Per un errore di interpretazione di un testo latino, che riferiva invece che l'invenzione della bussola era attribuita dallo storico Flavio Biondo agli Amalfitani, il filologo Giambattista Pio sostenne che la bussola fosse stata inventata dall'amalfitano Flavio Gioia. Nel testo in questione (Amalphi in Campania veteri magnetis usus inventus a Flavio traditur), tuttavia, non bisogna intendere Flavio come l'inventore della bussola, ma solo come colui che ha riportato la notizia: appunto Flavio Biondo[1]. Tuttavia pare che proprio i navigatori amalfitani siano stati tra i primi ad usare quello strumento, ed il nome corretto del probabile inventore della bussola sarebbe Giovanni Gioia[2]. In realtà già da tempo la bussola era stata importata dall'oriente e marinai del mediterraneo già la utilizzavano; Gioia avrebbe solo perfezionato lo strumento rendendolo più stabile.


Nella seconda metà del secolo XI il piccolo Ducato di Amalfi venne a trovarsi in seria difficoltà, all'interno di un contesto che vedeva alternarsi le lotte tra i capi normanni, gli imperatori d'Oriente e d'Occidente e la Chiesa di Roma, con continui rivolgimenti nei principati campani.

La comunità amalfitana decise di rinunciare alla propria indipendenza chiedendo la protezione di Roberto il Guiscardo.

Nell'ottobre del 1126, durante il governo di Guglielmo, terzo duca di Puglia, i maggiorenti amalfitani, che godevano di larga autonomia amministrativa, conclusero un accordo riguardante i commerci con la Repubblica di Pisa. Questo trattato rispondeva ai rapporti amichevoli esistenti da diversi decenni tra le due città marinare per la complementarità dei loro interessi di mercato.

Il pontefice Innocenzo II (anche se preoccupato per la crisi scismatica provocata dall'antipapa Anacleto II) e il nuovo imperatore Lotario II, iniziarono una guerra contro Ruggero II di Sicilia, nella quale intervennero diversi principati nonché le Repubbliche di Pisa e di Genova.

Quando la guerra raggiunse anche la Campania, i Pisani, che con Napoli e con altre città della regione (tra cui la stessa Amalfi) avevano stretto rapporti di affari, raccolsero l'invito del pontefice per un diretto intervento.

Il 4 agosto 1135 attaccarono la non più libera città di Amalfi, ritenendo che la convenzione del 1126 non fosse più valida per la sua soggezione ai rivali Normanni.

Saccheggiate le navi alla fonda nel porto e quasi distrutto l'abitato, i Pisani furono attaccati dall'esercito di Ruggero II, proveniente da Aversa attraverso le montagne. Si verificarono diversi scontri nei quali, soprattutto lungo la costiera amalfitana, si impegnarono le milizie pisane, ma la guerra terminò favorevolmente per Ruggero II, il quale nel luglio del 1139 ottenne il pieno riconoscimento dalla Chiesa e dall'Impero della sua piena giurisdizione su tutta l'Italia meridionale: Amalfi era caduta per sempre sotto la dominazione normanna.

La libertà di Amalfi non ritornò mai più. La decadenza politica di Amalfi non significò, però, la fine delle colonie d'oltremare e del commercio che rimase attivo anche nei secoli che seguirono, nonostante i continui attacchi.

A peggiorare la crisi ci fu poi nel 1343 un devastante maremoto che le diede il definitivo colpo di grazia: non tanto perché gran parte della città andò distrutta, ma poiché gli arsenali (nei quali si costruivano le galee grazie alle quali Amalfi era stata padrona dei mari) vennero irrimediabilmente danneggiati e resi, di fatto, inservibili.

Dal 1811 al 1860 è stato capoluogo dell'omonimo circondario appartenente al Distretto di Salerno del Regno delle Due Sicilie.

Dal 1860 al 1927, durante il Regno d'Italia è stato capoluogo dell'omonimo mandamento appartenente al Circondario di Salerno.